IL SISTEMA VISIVO - in che rapporto é l'uomo con i colori (e con sè stesso)
Quando ci occupiamo del colore e della natura del colore ci si presenta presto un fatto notevole, che riguarda il sistema percettivo umano in relazione ad esso.
Partiamo da un semplice esperimento che conoscono tutti o quasi e molto semplice da realizzare: immergiamoci per qualche minuto in un colore, optando per il rosso perché evidenzia il fenomeno in modo più chiaro: il generatore del colore può essere la luce di una lampadina colorata, oppure un filtro trasparente (lente o una pellicola colorata) oppure ancora osservando per qualche minuto un cartoncino rosso a distanza ravvicinata.
Quando elimineremo la presenza di questa dominante colorata rossa la nostra vista non tornerà alla normale visione: vedremo ogni cosa fortemente caricata di verde e questa percezione durerà un breve tempo fino a svanire. Che cosa é successo? I nostri occhi o per meglio dire il nostro sistema visivo (occhi e cervello) ha attivato una specie di sistema di adattamento alle mutate condizioni, allo stesso modo in cui la pupilla si allarga quando cala la luminosità dell'ambiente. Ha generato il colore complementare, ossia il verde e l'ha sovrapposto alla visione monocolore rossa probabilmente nel tentativo di recuperare la gamma delle differenze cromatiche degli oggetti. La vista attiva un meccanismo che ha lo scopo di riportare alla normalità la propria funzione: ricalibra.
Da un punto di vista cromatico la mescolanza o la sovrapposizione di due complementari conduce a un colore neutro, ossia le due gamme di frequenza si neutralizzano a vicenda e danno come risultante una variante di grigio. Quindi una delle teorie più diffuse sul colore (Itten) sostiene che la naturale tendenza a compensare il colore del sistema visivo sia di fatto una tendenza al riposo percettivo, il colore contrastante e complementare viene generato per recuperare uno stato di quieta armonia, cioè tende all'omeostasi.
Schema di corrispondenza tra colori complementari
Ora non si tratta di stabilire cosa sia meglio, la presenza di un colore dominante oppure un equilibrio di forze, sta di fatto che giocando con queste dinamiche di eccitazione e quiete i grandi coloristi come Gauguin costruiscono le loro meravigliose opere.
La tecnica del cloisonnisme consente a Paul Gauguin di giustapporre aree colorate con forze che stanno in tensione giocando con i complementari, ma all'interno di una stessa area possiamo trovare facilmente l'utilizzo di due complementari, uno come sostrato e l'altro come velatura discontinua e il fatto che sia discontinua evita lo scadimento nel mero colore neutro, nella variante di grigio, anzi crea una tensione interna allo stessa area di colore, e crea un effetto di vita interna, paragonabile al baluginìo della brace sotto la cenere. Eccitazione e riposo, sapientemente giocati.
Ma quello che voglio mettere come punto fermo é la natura del sistema percettivo che tende all'entropia, correggendo lo stato di eccitazione per via compensativa, in parole povere "gettando acqua sul fuoco" (tornando al primo esempio, opponendo il verde alla dominante rossa)
Dettaglio do "Ia Orana Maria" di Paul Gauguin, esempi di velatura con i colori complementari.
IL SISTEMA PSICHICO tensione e compensazione
Non diversamente dal sistema visivo si comporta il sistema psichico: nel suo complesso, anche l'inconscio svolge una funzione compensatrice. Ad un atteggiamento cosciente unilaterale, mono-direzionale poco o per nulla vagliato nella riflessione, esso reagisce e risponde attraverso stati d'animo disturbanti, messaggi onirici, inciampi lessicali.
E' quella che chiamiamo comunemente "voce della coscienza". La psiche cioè tende ad amministrare le proprie componenti in un sistema equilibrato: dove trova un eccesso, dà vita a un'opposizione in un sistema di autodifesa tendente all'equilibrio omeostatico.
Dato però che il sistema psichico amministra la vita nelle scelte, negli umori etc, se questa sua tendenza a "spegnere il fuoco" per ricomporre l'equilibrio non trovasse sul suo cammino,a sua volta, un'opposizione, condurrebbe all'edificazione di una vita piuttosto piatta e poco significativa, per richiamare la precedente metafora del colore: sostanzialmente "grigia".
Proviamo adesso ad applicare il sistema triadico dei due colori complementari e la funzione terza della forza riequilibratrice alle polarità psichiche: ad esempio quelle che vanno sotto il nome di isteria e ossessività e rappresentiamo il tutto nel seguente schema.
In questo ipotetico segmento abbiamo ai due punti terminali le polarità che vanno sotto il nome di "isteria e ossessività" come "estremi" di componenti normalmente presenti nella psiche. Man mano che ci avviciniamo al centro del segmento abbiamo un'ideale situazione di "normalità indifferenziata" possiamo pensare che la "condizione patologica" non sia confinata entro limiti precisi e che gli stati di salute e malattia sfumino uno nell'altro tanto da rendere insensate le categorizzazioni nette.
Il punto centrale, ipotetico e ideale di "normalità indifferenziata" trova una somiglianza analogica con il concetto di omeostasi che come abbiamo visto campeggia nel punto intermedio all'interno delle tensioni tra colori complementari: lo stato di riposo.
Quindi abbiamo due atteggiamenti coscienti unilaterali opposti, isteria e ossessività, e una terza componente, inconscia, che tende a riportare la situazione al centro, come abbiamo già solo accennato, attraverso il linguaggio e le strategie che le sono proprie (simboliche, somatiche etc.), ed é questa terza componente che determina lo stato patologico, non il semplice allontanamento dal centro del segmento: si ha la nevrosi, lo stato di crisi, quando si attiva il tentativo di auto-guarigione: la correzione dell'unilateralità porta a un inevitabile stato di conflitto interiore tra le due parti, conscia e inconscia. L'allontanamento dal centro provoca una reazione correttiva tanto più forte e tanto più disturbante quanto più è accentuata tale distanza.
Se adesso sostituiamo, un pò alla buona i due termini isteria e ossessività con i concetti più generali di emozione e ragione, (l'isterico é sotto il dominio dell'emotività tanto quanto l'ossessivo é sotto il dominio della razionalità) abbiamo uno schema con qualche dettaglio in più: la terza componente "centripeta" svolge la funzione di togliere il pieno controllo all'unilateralità, indurre lo stato di crisi e nella sospensione dell'attività reintrodurre la modalità della polarità opposta attraverso l'attività simbolica che si esplica sia sul piano somatico che su quello dei segni e dei contenuti.
La sofferenza che scaturisce da questa situazione di conflitto é aggravata da un altro importante fattore: l'individuo che nel corso degli anni si é spostato verso una delle due polarità ha definito attraverso queste modalità il proprio carattere e la propria identità di persona; all'interno del quadro unilaterale tutto funziona, ma presto o tardi la realtà circostante, fatta di relazioni interpersonali, situazioni oggettive e problemi concreti, chiamano l'individuo ad essere nella sua completezza, in un rapporto equilibrato col mondo. Quindi il conflitto che viene innescato dall'entrata in funzione della funzione riequilibratrice, che nello schema indichiamo come attrattore centripeto é un vero e proprio terremoto che fa crollare certezze, solidità, identità e riferimenti personali.
Essendo ri-orientante , nella prima fase é totalmente dis-orientante. E' tutto uno schema interpretativo che viene messo in discussione.
Qui per la soluzione del conflitto e il ritorno ad una situazione di stabilità svolge un ruolo chiave la conoscenza delle dinamiche interiori, ed in particolare della presenza di quella che abbiamo chiamato forza centripeta riequilibratrice inconscia: ovvero riconoscere in sè la presenza di questa forza, che non diventa più a questo punto un nemico invisibile che ci prende alle spalle e mina le nostre sicurezze, ma una parte di noi che reclama un cambiamento di rotta, per un migliore rapporto col mondo (interno ed esterno in relazione speculare).
Si tratta quindi di un passaggio di tipo culturale, conoscitivo: ciò che era inconscio diviene conosciuto e il "nemico mascherato" rivela essere una importante risorsa di cui disponiamo.
In secondo luogo é vero che l'esito del processo é una perdita d'identità (che ci é cara e che ci serve come bussola nella vita) ma visto nei termini che abbiamo descritto corrisponde all'acquisizione di un identità più ampia, meno definita nelle categorie particolari ma di maggior respiro, e che ha una dimensione non relegata unicamente alla persona (nella sua accezione di maschera) diventando universale e comune agli altri individui.
La linea che separa e definisce le due aree, conscia e inconscia, a questo punto più che una linea di separazione é meglio definibile come linea di livello: una linea ideale che descrive il livello culturale (campo delle conoscenze acquisite) che non ha ancora integrato le due parti: dal momento in cui si recupera la consapevolezza dell'intera dinamica e la si riconosce come propria l'inconscio si dissolve, o meglio esso entra di diritto come componente essenziale della personalità, viene riconosciuto nella sua peculiarità e nel suo linguaggio, l'intera struttura personale subisce una radicale trasformazione, e il piano dell'identità si amplifica e si dispone su uno schema ternario, dialettico, dinamico e integrativo.
In figura possiamo notare che essendosi alzato il livello di conoscenza, che adesso comprende anche l'area inconscia, attraverso l'acquisizione del linguaggio simbolico, non vi é più soluzione di continuità e l'identità del soggetto si é ampliata: il soggetto mediatore é entrato in rapporto dialogico con la spinta inconscia riequilibratice, non solo non la espelle più da sé ma se ne lascia informare e la riconosce come parte della propria identità complessiva. Il soggetto a questo punto quindi non compie più solamente una mediazione tra le due polarità ma anche nei confronti dell'attrattore centripeto, portando sotto il proprio governo tutte le sue istanze.